Artisti Emergenti

Dionizy Marek Drelichowski: lo spessore dell’anima

Dionizy Marek Drelichowski: lo spessore dell’anima

Parroco della parrocchia di Santa Giustina Vergine Martire di Montecorone, don Dionizy Marek Drelichowski si forma da autodidatta. La sua arte si basa su un processo in eterno svolgimento: non a caso il suo operato comprende varie serie, soggetti che si ripetono con sfumature sempre diverse per cercare di estrapolare da ogni sua opera l’anima pulsante, che però è inafferrabile.

IL BALLO DELLA VITA

I lunghi arti delle due figure si intrecciano in una solenne e dinamica danza che prende luogo in uno spazio umano in cui gli opposti convivono. Tale convivenza plasma la vita stessa, fatta di umano e divino, di luce e tenebre, di amore e dolore. Una figura sorregge l’altra in un movimento emotivamente antitetico, quasi doloroso: i soggetti si rannicchiano per poi allungarsi nella loro plastica fattezza, si snodano per raggiungere qualcosa che è oltre. Questa ballo contorto prende vita su uno sfondo particolare: un antico scuro, la cui funzione primaria è quella di lasciare fuori la luce per favorire l’oscurità. Ecco che le due figure si muovono nel buio, con gli occhi chiusi, nell’affannosa ricerca della luce.
I colori sfibrati e terrosi alludo a una dinamica tutta umana, in cui l’essenza divina ed eterea è presente, ma non in modo tangibile, quanto piuttosto nella consapevolezza dell’umanità stessa.

LA LUCE

Su un secondo scuro antico, don Di adagia un’eterea figura che, con una lunga e sottile croce, indica una piccola fessura in alto sulla sinistra. Alle sue spalle, un dorato fiotto di luce spiega le ali in segno di protezione e guida. In basso, invece, una piccola figura argentata svolazza nella sua oscurità. Essenza del male, è stata plasmata senza braccia come allusione alla sua incapacità di creare. Riprendendo la simbologia dello scuro come supporto che crea il buio, la piccola entrata in alto produce un riverbero contrastante che a poco a poco si prende la rivincita sull’oscurità.
In questo caso i colori sono ricchi, pregiati e bene contrastanti tra loro, a indicare l’effettiva e concreta dimensione divina che l’installazione vuole rappresentare.

IL CRISTO

Le tenebre cercano di avvolgere il Cristo dalla luminosa pelle dorata. Pare quasi che sia rivestito di un abito di oscurità, come se fosse lui stesso a portarla come un pesante onere. Il volto, scavato e sofferente, è adagiato su un’aureola cremisi, simbolo della Passione. Lo scuro antico, questa volta è dipinto di un fulgido oro che illumina e risplende con forza. È una lotta, un importante ed eterno scontro, attraverso il quale la lunga e sottile croce si staglia come stendardo di una vittoria già decretata.

I soggetti plasmati da don Di sono fatti di leggera carta con un’anima metallica. Paradossalmente, cioè che percepiamo come solido – il corpo – è fragile, flebile, caduco, mentre l’anima viene creata con materiale resistente, saldo e quasi perenne. È un paradosso che non può essere definito tale poiché, nel suo eterno processo artistico, don Di ricerca proprio la solidità inafferrabile dell’anima pulsante.

Le sue opere sono state in mostra dal 18 al 29 agosto 2022 a Zocca, in via Mauro Tesi 1012. 

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Sono una critica, gallerista e curatrice d'arte. Credo nell'espressione artistica di ogni persona, che punto a celebrare mettendola al centro dei testi critici che scrivo. Tratto in particolare agli artisti emergenti, per farli conoscere al mondo il più possibile.

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